Elisabetta. Susan. Mercoledì.
Donne e lavoro: quelle che lavorano gratis fino al 11 febbraio, quelle che il lavoro lo lasciano, quelle che "un lavoro a tutti i costi" e quelle che "un lavoro al giusto costo".
ELISABETTA.
Due sono i casi più diffusi in cui le donne italiane rinunciano a fare un figlio. Il primo è quando non hanno un lavoro. Il secondo è quando ce l'hanno.
Quante di noi hanno aspettato prima di avere un figlio perché “magari potrebbero licenziarmi o, peggio, sostituirmi con qualcun altro”? Quante hanno pensato che proprio quel figlio, che avevano tanto desiderato, in realtà potesse rappresentare un limite alla propria carriera e magari si sono autolimitate? Quante, ancora, hanno sacrificato parte della loro vita privata e familiare per “non deludere le aspettative” di capi e cape che chiedono di essere performanti h24, con il sottotesto costante “se non ci sei tu ne troverò altri cento disposti a regalarmi la loro vita pur di conservare un posto di lavoro”? Tante, troppe. (cit.)
Senza Giri di Boa è una campagna, che è diventata un libro, che racconta con testimonianze di donne senza voce l’ordinaria resistenza sul lavoro e come si può cambiare tutto. Tra le giornaliste ideatrici del progetto ci sono ex colleghe - si, ho fatto la giornalista prima di entrare nel mondo del web marketing - ed ex compagne di Università che sono state smosse - e scosse - da una dichiarazione di Elisabetta Franchi, la famosa stilista che il 4 maggio 2022 ha affermato:
«Le donne le prendo dopo i quattro giri di boa. Sono tranquille e lavorano h24»
Eccole le donne che hanno già fatto i quattro giri di boa: over 40 - quindi già belle formate professionalmente - matrimonio fatto, figli fatti - e già cresciuti, che non è poco - e anche divorzio fatto - che è meglio. Perfette, insomma, per lavorare h24.
Il vero problema, ovviamente, non è Elisabetta e questa campagna non ha certo l’obiettivo di puntare il dito contro chi ha solo ha avuto la sincerità, impudente, di dire quello che ogni giorno si dice e si fa dentro le segrete stanze delle aziende dove si decidono le carriere delle donne. Il vero problema è intorno a noi, fa parte di noi.
Quella frase di Elisabetta Franchi ha scosso e smosso anche me, molto.
Vi ricordate l’evento a Fiuggi sulla Genitorialità Consapevole, si? Il mio speech si intitolava: “DA STORYTELLING A DIGITAL STORYTELLING: NUOVI STRUMENTI PER LA CONDIVISIONE NARRATIVA A CASA, A SCUOLA E NEL TEMPO LIBERO.
Da madre so bene quanto la parola “digitale” possa spaventare quando viene connessa al mondo dei bambini e, di conseguenza, anche a chi si occupa dei bambini nell’ambito scolastico ed educativo. Dovevo trovare il modo giusto per affrontare il tema senza allontanare la mia audience. Dovevo trovare un impatto gentile.
Così, nella prima slide - quella che io detesto perché di solito prevede la foto-profilo nel tondino e la presentazione dello speaker e delle sue esperienze - io ho riportato la frase di Elisabetta Franchi e ho raccontato la mia storia. Ho fatto storytelling.
Ho raccontato che quella frase ha attivato l’idea del primo progetto europeo che ho scritto - e riscritto - e che si rivolge proprio alle mamme, quelle che hanno perso o lasciato il lavoro dopo la maternità perché non avevano scelta. Ho raccontato che io, invece, ho potuto scegliere quanto, quando e come lavorare perché lavoro in un settore “agile”, un settore in cui la domanda di lavoro supera l’offerta (secondo l'Osservatorio delle Competenze Digitali, in Italia c'è una richiesta di oltre 100.000 professionisti digitali).
Il digitale, per me, ha rappresentato un’opportunità e può esserlo anche per le altre, e per gli altri. Il digitale non è il male assoluto.
Mi hanno sorriso e poi mi hanno ascoltato con interesse. Il mio obiettivo non era quello di rendere irresistibili strumenti di storytelling digitale come Prezi o Visme o o di incentivarne l’utilizzo con i bambini o i genitori, ma di dimostrare il potere delle storie nella comunicazione, al netto di tutto.
Le persone amano i racconti, ma sono altrettanto brave a distinguerli dalla realtà. Lo storytelling, per essere efficace, deve essere reale. La storia che ho condiviso, la mia, è reale ed è supportata dai fatti ed esperienze reali. Le parole disegnano immaginari, ma senza fatti, sono vuote.
SUSAN.
(…) Le donne in Italia da troppo tempo sono le protagoniste di una mancata valorizzazione dei talenti nel mercato e nei luoghi di lavoro tanto che nel 2020 sono state quasi 33mila le donne che hanno lasciato il loro impiego tra dimissioni e risoluzioni consensuali e nel 2021 sono diventate 37mila.
Dal 2021 si parla, infatti, di "she-cession" per indicare una recessione pesantemente femminile nel mondo del lavoro. Un dato che allarma ma non stupisce, dal momento che:
la disparità salariale tra uomini e donne in Italia (gender paygap) nel settore privato è arrivata al 12,2% nel 2021: è come se ogni anno le lavoratrici italiane lavorassero gratis fino all’11 febbraio;
il lavoro di cura non retribuito (accudimento figli/casa/anziani) pesa per l’81% del totale sulle spalle delle donne;
Una donna su tre abbandona il posto di lavoro dopo aver avuto il primo figlio e la quota cresce all’aumentare del numero dei figli.
solo il 21% delle richieste di part time o flessibilità lavorativa presentate nel 2021 è stato accolto;
E questi sono solo alcuni dei numeri che fanno parte dell’analisi di contesto del mio progetto che si rivolge alle mamme con l’ambizione di dare loro nuovi strumenti e nuove competenze per rientrare nel mondo del lavoro come freelance, imprenditrici o dipendenti in un contesto inclusivo, flessibile e orientato al work-life balance. Un progetto che per me significa “non un lavoro a tutti i costi ma un lavoro al giusto costo”. E vale per tutti.
Lo scorso venerdì Susan Wojcicki si è dimessa da Ceo di YouTube.
«Priorità a famiglia, salute e progetti che mi appassionano» - ha dichiarato.
Susan una di noi.
E gli uomini in tutto ciò?
Qualche altro dato a riguardo perché, si, mi piacciono molto i numeri oltre alle parole e le storie (e ho recentemente scoperto il potere del Data Storytelling grazie a William Sbarzaglia):
il 57% degli italiani, uomini e donne, pensa che il ruolo principale di un uomo sia quello di guadagnare soldi;
il tasso di occupazione dei padri è più alto rispetto a quello degli uomini senza figli: 89,3% per i primi, 83,6% per i secondi;
solo 4 padri su 10 usa il congedo parentale;
Quindi, ricapitoliamo: da una parte lo svantaggio delle donne nel mercato del lavoro è dato principalmente dalle interruzioni di carriera legate alla maternità, dall’altra sono gli uomini a doversi far carico della famiglia dal punto di vista economico. Al mito “donne e maternità” se ne affianca uno complementare , quello del “breadwinner”, il capofamiglia. La nostra cultura è resistente al cambiamento e non è certo con i tentativi di pink washing o l’uso dello schwa (ǝ) nelle email che risolviamo qualcosa. Perché la questione femminile non è soltanto femminile e affinché qualcosa cambi bisogna necessariamente coinvolgere anche la parte maschile del mondo.
C’è qualcuno in Europa - spoiler della prossima newsletter - che un modello valido lo ha trovato e lo sta applicando. Ovviamente non è l’Ungheria.
MERCOLEDì.
Il mercoledì è un gran bel giorno. Non facciamo altro che lamentarci del lunedì e aspettare con ansia il venerdì e ci dimentichiamo che c’è del potenziale anche negli altri dì, soprattutto il mercoledì. Incompreso e sottovalutato, a volte addirittura bullizzato dagli stessi che iniziano a deprimersi il sabato sera perché sta arrivando la domenica e quindi siamo già a lunedì.
A me il mercoledì piace e da un pò di tempo l’ho nominato il mio #NoCallDay, cioè il giorno della settimana in cui non faccio meeting. È stato il mio unico buon proposito per il 2023 - mangiare sano e fare sport avevano già raggiunto i termini per la prescrizione. Il mercoledì lavoro a proposte, presentazioni, pianificazioni. Quindi scrivo, leggo, penso, cancello e riscrivo, rileggo. Email, piani editoriali, newsletter. E studio, che mi piace assai.
Il mercoledì è un confine per fare in modo che gli altri non calpestino la mia energia. Tutti dovremmo avere un confine. Tutti dovremmo avere un mercoledì.
Il mercoledì è anche il giorno che dedico a questa newsletter. A meno che non riesca ad avere l’appuntamento per la visita oculistica per entrambe le bambine nello stesso giorno, nello stesso posto e con solo un’ora di distanza l’una dall’altra. Allora la newsletter slitta a giovedì.
E va bene lo stesso.
Qualche anno fa non lo avrei mai fatto. Rimandare una cosa al giorno dopo, fissare una giornata senza meeting, ammettere di avere altre priorità oltre la carriera. Lavoravo anche 15 ore al giorno senza che me lo chiedesse o, peggio, imponesse qualcuno, mi è sempre piaciuto molto il mio lavoro. Mi piacciono ancora molto abitudini come rispettare la deadline, arrivare in anticipo invece che in ritardo, portarsi avanti invece che restare indietro. Ma, a volte, semplicemente non si può.
E va bene lo stesso.
Alla prossima settimana, forse mercoledì. O forse no!
p.s. Il 14 febbraio Margherita Cassano è stata nominata prima donna presidente della Corte di Cassazione. «Verrà il giorno in cui una nomina come la mia non sarà più una notizia, e allora sì, per davvero, quello sarà un gran giorno per tutte le donne» - ha dichiarato.
Verrà.