Terapia. Spinta Gentile. Silenzio.
Parliamo delle tre facce - buone - della comunicazione. Ed è già giovedì.
TERAPIA.
Ho scoperto che esistono gli psicologi per pappagalli. E chi ha un pappagallo in casa, a volte deve consultarne uno per risolvere problemi di relazione che possono insorgere tra il pennuto e il bipede implume.
Tratto da una storia vera.
La protagonista è una collega che ha un pappagallo. O meglio, ha un marito che ha un pappagallo. Durante una pausa pranzo, si sa, se sei con le persone giuste, puoi fare scoperte esilaranti, proprio come questa. Da un pò di tempo, lei e il marito hanno iniziato una terapia online con una psicologa specializzata nell’etologia applicata alle relazioni con i pappagalli. Si fa fatica a restare seri, lo so, infatti nessuno dei presenti ci è riuscito, neanche lei - sobria - che lo raccontava. L’idillio è stato, ahimè, interrotto dalla telefonata più temuta da ogni genitore: quella della scuola.
“Sua figlia ha la febbre”.
Evabbèperònonèpossibileedaiancora.
Ma poi, chi delle due? E quanto ha?
37.3 non è febbre, c’è scritto in tutte le sale d’attesa degli studi dei pediatri, in Comics Sans Bold!
Ok, viene a prenderla la nonna, la chiamo, arriva. Tutte e due, le prende tutte e due le figlie, anche quella sana, che tanto si ammala dopo.
È pò lagnosetta dice? Strano, di solito è un carnevale di Rio! A lei, grazie, salve, cià.
Risolto l’empasse - Santa Nonna dalle Puglie (semi cit.) sempre sia lodata - finiamo di pranzare e torniamo al nostro meeting - nel coworking più folkloristico che abbia mai visto, e io ne ho visti un pò..
Il pappagallo che fa terapia però, è ancora lì, nella mia testa. È una cassandrata, me lo sento. Inizio a googlare, ed eccomi qui.
I pappagalli non pensano a sé come individui, ma piuttosto si definiscono per le loro affiliazioni ad un gruppo o a uno stormo. Per i pappagalli “domestici” la famiglia di umani diventa il loro stormo e se è presente la figura di un leader sicuro di sé e benevolo, il pappagallo sarà naturalmente incline a legarsi con quell’individuo. I possessori di pappagalli sono solitamente ben informati sui bisogni della specie, sanno creare una relazione sana con questi animali e sanno anche riconoscere eventuali segnali di stress nel pennuto, come urla, aggressività o autodeplumazione.
A quel punto, si chiede aiuto. Il supporto di uno specialista serve a portare le persone che scelgono un pappagallo come animale familiare a conoscere le caratteristiche etologiche di specie, la comunicazione di questi animali, e come relazionarsi nel rispetto delle loro varie personalità.
Ecco che la comunicazione è la chiave. La comunicazione è la terapia.
Se fatta bene, ogni tipo di comunicazione può essere terapia. Quella tra persone e animali, quella tra persone e persone, quella tra brand e persone.
Eccola, la cassandrata.
I pappagalli sono animali longevi - vivono anche fino a 70 anni - ed estremamente sociali, amano fare tutto “in compagnia”, mangiare, dormire, lavarsi. Perché i pappagalli abbiano una buona vita in famiglia, ci vuole tempo, spazio e comunicazione, fatta bene.
Dire ai Brand che quelli che loro chiamano “target” o “audience” sono, in realtà, persone, forse non basta più. Noi consulenti del marketing, potremmo iniziare a parlare ai Brand dei pappagalli, di quanto i “potenziali clienti”, come i pappagalli, abbiamo bisogno di tempo, spazio e comunicazione, fatta bene. E che fa bene, come la terapia.
SPINTA GENTILE.
Questa settimana, aggiornando Linkedin - tra tutti, è decisamente il social che preferisco - ho chiesto qualche referenza, solo quattro per la precisione. Due sono arrivate subito e una di queste è di un mio cliente, uno di quelli con cui si lavora bene. Se anche su Linkedin ci fossero le stelline come su Tripadvisor, potrei dire che è una recensione da 5 stelle. Almeno dalla mia prospettiva, perché ha colto quello cerco di preservare e condividere ogni giorno nel mio lavoro e che va oltre la competenza, l’esperienza, la bravura, la preparazione. Etica professionale.
Questo non vuol dire che sono la Madre Teresa di Calcutta del marketing, ma piuttosto che non sono sicuramente la Vanna Marchi di turno. E già non è poco.
La comunicazione per me, non deve essere persuasione o finzione. La comunicazione per me è e deve essere, una spinta gentile.
Gli amanti delle etichette a tutti i costi, lo chiamano nudge marketing, dove nudge letteralmente significa, appunto, “colpetto”.
Il nudget marketing si configura come l’insieme delle strategie volte ad indirizzare e influenzare le scelte dei consumatori e degli utenti o modificare alcuni comportamenti nella direzione “giusta”.
In pratica per ogni bias che abbiamo - e ne abbiamo tanti - esiste un nudge che agisce proattivamente all’interno dell’architettura della scelta, orientando verso la decisione percepita come più naturale ed automatica.
E se ci aggiungi un pò di divertimento - fun theory - riesci anche a stimolare l’impegno sociale su tematiche importanti. Un esempio sono i contenitori per i mozziconi di sigarette ideati da The Hubbub, società no-profit inglese impegnata nella difesa dell’ambiente. In questo modo sono stati ridotti i mozziconi dispersi in strada.
SILENZIO.
Sometimes no marketing is the best marketing.
Quando non hai niente di buono da dire meglio non dire niente vale per tutti, anche per i Brand.
Anche il silenzio è comunicazione, e può voler dire tante cose.
Quando tengo corsi di formazione, soprattutto quando parlo di social media marketing, mi piace raccontare di Steve Jobs che vietava l’iPhone ai suoi figli, del successo di BeReal, il social anti-instagram che piace sempre di più - ormai ha anche superato TikTok - e infine di Lush e del suo “silenzio” sui social. Questa è la storia che mi piace di più e che, solitamente, piace anche a chi mi ascolta. Lush, il brand delle “bombe da bagno” più famose del mondo, ha spento i suoi canali social e lo ha comunicato nel modo, secondo me, migliore possibile.
Ha detto, semplicemente, “siamo altrove”.
Ho iniziato a scrivere questa newsletter di mercoledì ed ora è già giovedì. Vado altrove anch’io, potete immaginare dove.
Alla prossima settimana!
p.s. Si, proprio così. Con l’esempio di Lush, ho proprio cercato di darti una spinta gentile!
p.p.s. La presunta figlia febbricitante era Alice, che sta bene. In realtà, non ha mai avuto la febbre.