Sono andata a vedere C’è Ancora Domani, finalmente.
Siamo arrivati a Brindisi sabato scorso, 30 dicembre intorno alle 16, e alle 19.15 io e mio marito eravamo già al cinema. Da soli.
Santi - sempre e subito - i Nonni dalle Puglie.
Finalmente anch’io posso dire di aver visto uno dei migliori film di sempre.
Come concludere l’anno in bellezza. E che bellezza.
2024, vai, sono pronta.
Il finale del film è geniale.
Geniale. Potente. Commovente.
Uno schiaffo in pieno volto, che non ti stordisce, anzi, ti risveglia. Un boccone saporito, che ti riempie la bocca più di una squisita manciata di pop corn. E io adoro i pop corn.
C’è musica, c’è storia, c’è rabbia, c’è malinconia. C’è Trastevere, c’è ironia, c’è amarezza.
Ci sono parole che fanno rumore anche se non vengono pronunciate.
E ci siamo tutti noi dentro quel film, che mentre lo guardiamo sospiriamo, protestiamo, speriamo nel lieto fine, facciamo il tifo. I veri protagonisti del film siamo noi spettatori, in tempo reale, che inconsapevolmente seguiamo per filo e per segno una sceneggiatura che aveva già previsto tutto. Impeccabili, fino al momento del finale col botto.
A metà film c’è stato anche l’intervallo. Ricordavo che non ci fosse più, invece questa volta c’è stato.
Non serviva, ho pensato subito. Se il film fosse durato 4 ore avrebbe comunque tenuto tutti incollati allo schermo fino alla fine, senza problemi.
Una pausa forzata, apparentemente inutile, come tante altre nella vita di tutti i giorni. O forse no.
Nel momento dell’intervallo ho visualizzato questa newsletter, e ho preso appunti sul telefono come faccio di solito. In realtà, vi confesso, non uso l’app note, ma faccio una cosa più romantica - o più psicopatica, a seconda delle interpretazioni: scrivo a me stessa, su whatsapp. Le Cassandrate nascono così, da parole, frasi, screenshot che mi autoinvio. Amiche psicologhe che leggete questa newsletter, fatemi un cenno se è molto grave.
Una pausa forzata, come Capodanno.
Un intervallo tra il vecchio e il nuovo anno. Una pausa che potrebbe benissimo non esserci dato che l’1 gennaio siamo esattamente gli stessi del 31 dicembre - al netto di gonfiori addominali e post-sbronza celebrali.
Eppure ci viene imposto di indossare qualcosa di rosso, di aspettare la mezzanotte e di prenderci una pausa. Per ricordare l’anno che sta per finire e immaginare quello che sta per iniziare. Per elencare i buoni propositi e promettersi di rinnegare le cattive abitudini. Per elogiare le esperienze costruttive e allontanare le persone distruttive.
Capodanno è un appuntamento con noi stessi, che si ripete ogni primo dell’anno e che ci aiuta a tenere il ritmo.
Dai 6 ai 18 anni ho fatto danza, non solo classica ma anche “moderna” - termine molto boomer ma si chiamava così. Per tenere il ritmo delle sequenze delle coreografia non si conta fino a 10 ma fino ad 8 e si tagliano i numeri, tipo in romanesco.
“Un due tre quattr. E cinq, sei, sett e ott”
Capodanno è proprio lì, dopo l’ott.
Il 31 dicembre ed l’1 Gennaio sono i due tempi di pausa, silenziosi ma indispensabili.
Capodanno è la pausa che dà il ritmo, prima di ricominciare.
Non ho fatto una lista di buoni propositi quest’anno. Facevano schifo.
E poi sono ancora giù in Puglia dai miei quindi il primo tra tutti - si, quello che ci facciamo tutti e che non serve specificare - sarebbe già andato a farsi friggere. E intendo nel vero senso della parola…
Penso che resterò umile e mi limiterò a prendere nota dei piccoli traguardi.
Ne ho già due:
01.01.2024: stavo per fare un abbonamento annuale ad un’app per il digiuno intermittente. Ho completato anche tutti gli infiniti step del questionario di valutazione ma poi, ho desistito. Astemi, digiunatori e vegani io vi stimo sinceramente, ma non fa per me.
02.01.2024: mi sono svegliata alle 7.10 già al secondo richiamo della sveglia - ne ho 6 a distanza di 5 minuti l’uno dall’altro - e ho ricominciato a lavorare.
Dalla sala pranzo dei miei.
In Puglia.
Tra i raggi di un bellissimo sole primaverile e il profumo di fave e cicorie.
Alla prossima, e buon inizio 2024.