Il bruco sfarfalla (cit.)
Parliamo di parole rubate, storie già scritte e di storie ancora da scrivere. Di cervelli pigri e immagini lente, e di una settimana strana in cui un pò sfarfallo e un pò strabordo.
“Guarda, mi hai tolto le parole di bocca!”
“Eh si, rubo parole!”
“Rubi parole e poi ci scrivi storie.”
Mi ha salutato così Elisa, dopo aver bevuto un caffè rigorosamente in tazza bollente al bar della stazione di Agropoli-Castellabate dove aspettavamo i rispettivi treni per tornare a casa. Lei a Venezia, io a Roma. Era martedì.
È vero che rubo parole. E anche frasi, attimi, esperienze. Li rubo e li scrivo, altrimenti li dimentico. L’ho detto anche durante il mio intervento lì al Residenziale a Castellabate, dove c’era Elisa:
Il cervello non serve per ricordare le cose. Il cervello serve a ricordare dove sono le cose.
Io scrivo le parole che rubo, così poi so dove cercarle quando mi serve una storia.
Ho rubato anche il titolo di questa newsletter.
Il bruco sfarfalla è, infatti, opera di Girolamo. C’era anche lui in Cilento e quella che sembra apparentemente una battuta, nel mio cervello - che, come tutti i cervelli, ha una memoria limitata ma sa collegare le cose con coraggio e creatività - è diventata pian piano la copertina di questo evento. O meglio, l’istantanea di questo evento, un’immagine che si fa attendere, un momento che si mette a fuoco lentamente sul quel foglio di pellicola.
Il bruco sfarfalla.
Raccontare bene un evento con un post sui social, o meglio, con un reel, non è semplice. Soprattutto quando ne sono successe tante.
La parte difficile non è scegliere e montare foto e video con una musica decente, la storia c’è già e con un pò di pazienza viene fuori, anche discretamente bene.
La parte difficile è fare in modo che quella buona storia diventi una grande storia.
La metamorfosi del bruco in farfalla è stato un tema ricorrente durante l’evento.
È un’attività, ho scoperto, che viene spesso inclusa in progetti didattici nella fascia 0-6 perché, in primis, piace molto ai bambini e poi perché stimola il senso di cura, allena all’attesa e permette di assistere ad una vera e propria magia.
Non solo.
Uno dei partecipanti, Federico, ha una casa editrice di libri per bambini. L’ ha chiamata Il Bruco Farfalla.
Eccallà.
E se il nome è bello, quello che fa lo è anche di più.
Parte dei libri per bambini pubblicati da questa casa editrice, infatti, sono il frutto di laboratori di scrittura collettiva condotti con persone con disabilità intellettive. L’obiettivo è dimostrare che le persone con disabilità intellettive possono fare lavori intellettuali.
Niente si muove nell’aria con tanta incertezza e tanta autonomia e in modo così spezzato come le farfalle. Sono volubili, incostanti, inebriate.
Le foglie nel vento non sfarfallano, i fiocchi di neve non sfarfallano.
Solo le farfalle sfarfallano.
Metti insieme 25 esperti di servizi per la prima infanzia di tutta Italia e le vedrai, le farfalle che sfarfallano. Per conoscerci, per scoprirsi, per contaminarsi. Da un tavolo all’altro, tra un caffè e l’altro.
Leggiadre, senza sovrastrutture. Entusiaste, come se fosse la prima volta.
Lo ero anch’io, entusiasta ed inebriata. Ma più come un bruco che sfarfalla.
Nel mio intervento ho provato a trasferire l’importanza di trovare la propria “grande idea”, attingendo dal serbatoio esperenziale, allenandosi a cogliere le storie di tutti i giorni per raccontarle con semplicità e creatività. Abbiamo fatto un esercizio: provare a riscrivere la lista della spesa:
A cosa serve questo esercizio?
Ad avvicinare le persone.
Le persone scappano da ciò che è prevedibile e già sentito, ma si avvicinano a ciò che ha il potere di creare immagini inaspettate ma familiari nella loro testa.
Immagini come quella del bruco che sfarfalla, insomma.
Mi sono dimenticata una cosa.
Nel mio intervento, mi sono dimenticata di dire una cosa.
Raccontiamo la nostra “grande idea” nelle cose che succedono nella vita di tutti i giorni riflettendo una condizione in cui gli altri possono riconoscersi. Nella vita di tutti i giorni le persone ridono, piangono e si arrabbiano. Chi riesce a generare queste emozioni con la scrittura vince.
Questa è una settimana intensa. Vi scrivo dalla Puglia, dove mi fermo per qualche giorno. Ho bevuto il caffè salentino (quello freddo con il latte di mandorla per intenderci), pranzato con focaccia e frisedde e consultato il dott. Eolo, alias mio padre, per capire come soffia il vento e decidere da quale parte andare al mare, se Ionio o Adriatico - è uno sbaglio che non ti puoi permettere di fare qui. Mi ha appena detto che qualcosa non lo convince:
“Non lo vedi? Non è un tempo sincero”.
Io non lo contraddico Eolo. Staremo a vedere.
La Puglia è così, strabordante e invadente. Dopo 24 ore si è già impossessata di te. E non puoi respingerla. Sono due giorni, infatti, che lavoro di sera per godermela di giorno, la Puglia.
Fateci un salto se potete. Adesso, non ad agosto, se potete.
E se volete un consiglio su dove mangiare il pasticciotto, dove vedere il tramonto sul mare o dove fare smart working vista mare, scrivetemi. Il mio numero l’ho scritto nella scorsa newsletter. Anche se volete sapere se è scirocco o tramontana, scrivetemi che chiedo a mio padre.
Alla prossima!
p.s. la prossima settimana riprendo le lezioni del master e preparo i ragazzi all’esame di Google Ads. Farà anche un workshop nuovo, sempre a Roma, sul digital storytelling per un progetto che coinvolge attivamente i ragazzi con proposte concrete relative agli 11 EU Youth Goals. Sto preparando un laboratorio molto carino. Approfitto per ringraziare Enrico per aver pensato a me.
Ciao Cassandra :) Prova il pasticciotto di Citiso, a Lecce. E, più che il tramonto, ti consiglio un'alba spettacolare a Punta Palascía (Otranto). É dura svegliarsi presto, ma la vista ti ripagherà!