PENSATI DI LUNEDÌ.
Meglio un sogno nel cassetto o un errore nel comò? Meglio un morso al limone o una torta non mangiata? La pizza di fine anno, dicevi?!
La pagina 61.
Da grande volevo fare la giornalista.
L’ho deciso alle scuola medie, credo. Dopo la fase prescolare della ballerina e quella adolescenziale dell’avvocato penalista - in preda agli ormoni avrei voluto rinchiudere dietro le sbarre anche mia sorella - ho deciso che volevo diventare una giornalista, d’inchiesta per la precisione.
I libri di Lilli Gruber, Monica Maggioni e Oriana Fallaci dominavano incontrastate la libreria della mia cameretta, condivisa con quella sorella a cui gli ormoni hanno pian piano dato tregua. Gli stessi libri poi sono passati nella fila centrale, quella più visibile e raggiungibile, della Billy nella mia camera da universitaria fino ad arrivare qui, a casa mia, sulla libreria di design che ha scelto mio marito - io mi sarei tenuta la cara vecchia Billy.
Volevo fare la giornalista per scrivere la verità.
L’ultimo anno della triennale riesco a fare uno stage nella redazione di un quotidiano nazionale (sbirciate il mio Linkedin se vi interessa sapere quale). Tre mesi, ovviamente non retribuiti, nella redazione della cronaca di Roma. Da luglio a settembre.
Tre mesi in cui grondavo sudore e felicità, allo stesso tempo.
“Benvenuta, ti affidiamo la pagina 61.”
Una pagina intera, tutta per me. Un sogno.
La pagina 61 è l’ultima pagina della cronaca della di Roma che corrisponde all’ultima pagina di tutto il giornale. Praticamente il foglio che tiri via per imballare i calici di vino durante il trasloco, quello lì.
Nessuno voleva scrivere la pagina 61. Non perché fosse l’ultima, ma perché conteneva il temutissimo “serpentone”, ovvero un trafiletto dedicato agli eventi locali che andavano selezionati, visitati, scelti e raccontati.
“Bene, la faccio io la pagina 61”.
La pagina 61 è stata quella che possiamo chiamare la mia “gavetta”.
Ho partecipato a conferenze stampa al Campidoglio, ho fatto domande e scritto interviste, ho assistito a sfilate e visto spettacoli di teatro gratis, sono stata invitata alla mostra sul cinema di Natino Chirico a Todi e conosciuto Riccardo Scamarcio all’inaugurazione dello store Levi’s, ho scritto articoli che non ho firmato e firmato articoli che non ho scritto, ho vissuto in pieno il “dramma” del cambio di direttore e della riorganizzazione di ruoli, compiti e sedi.
In quei tre mesi non ho coronato il sogno di scrivere grandi verità, ma sicuramente non ho scritto falsità. Ne sentivo la puzza però.
Dopo i tre mesi di stage ho accettato di continuare a scrivere come freelance. Ma non era più lo stesso. Si era spento qualcosa. O semplicemente, avevo premuto io l’interruttore.
Ci sono sogni destinati a restare nel cassetto, ma senza chiavi e senza rimpianti. Non fanno male, non danno fastidio.
Questi sogni somigliano più ad un morso al limone che dai una volta e non fai più piuttosto che al solito e sofferto “no grazie” alla fetta di torta del compleanno di turno.
Ci sono sogni, invece, che scalpitano per uscire da quel cassetto.
L’ho scritto lunedì, nell’incipit di questa email. L’ho inviata alle ragazze che hanno partecipato al primo pilot di ADA e che ora possono accedere ai nuovi contenuti formativi e, soprattutto, alla fase di mentoring one-to-one.
La mail prosegue con le informazioni pratiche sul secondo pilot ecc.
Avrei potuto impiegare pochi secondi per questa email, scrivendo semplicemente che il secondo pilot era disponibile e cosa fare per accedere. Stop.
Invece ho scelto di raccontare un momento della mia giornata (la docenza), una sensazione, anzi due (caldo e stanchezza), un’emozione forte (entusiasmo) e una storia (la ragazza con un sogno nel cassetto che entrerà nel progetto, nel progetto dove loro sono già coinvolte). Solo dopo ho annunciato il lancio del secondo pilot.
Ho scelto di investire - non perdere - il mio tempo per scrivere una mail che potesse stabilire una relazione. Era da un pò che non sentivo le ragazze dopo il primo pilot. Mi hanno dato feedback, so chi sta seguendo la formazione e chi no, ma non mi interessava questo.
Mi interessava bussare alla loro porta di lunedì mattina dicendo “hey, non puoi capire che mi è successo” piuttosto che “corriereeeeee. scende?”
Pensateci alle email del lunedì mattina. Quelle che ricevete e soprattutto, quelle che scrivete. O scriverete, da lunedì prossimo.
Il secondo pilot di ADA, comunque, è pronto. E possiamo far partecipare ancora qualche altra ragazza. Il link con i dettagli, le informazioni e il modulo di candidatura è QUI. Se non sei tu la ragazza over 30 con un sogno scalpitante nel cassetto, potresti condividere questa newsletter con qualcuna che potrebbe esserlo. Non le copiare il link e basta. Bussa alla sua porta come l’amica del liceo che aveva il gossip dell’anno da condividere. Magari fatevi pure uno spritz.
A proposito di lunedì.
Il prossimo, 26 giugno, sarò in Cilento per un bellissimo evento che si intitola “La qualità nel settore infanzia”.
Considerando che come gemellitore - più che ai manuali montessoriani mi ispiro ai meme di MMM, ovviamente non vado a condividere una buona prassi. Vado, però, a parlare dell’argomento più trasversale del mondo e che, appunto, merita di essere proiettato verso le qualità. La comunicazione.
Il titolo è: “Chi sa fare sa anche raccontarlo? La qualità nella comunicazione online”.
Non parlerò dei quattro algoritmi di Instagram. Non ci penso proprio.
Parlerò di grandi idee che vengono dai piccoli, di semplificare e umanizzare, di errori di comunicazione e di errori creativi.
Se mi hai perdonato per la newsletter mancata di due settimane fa, vuol dire che hai letto quella della scorsa settimana (La creatività vuole coraggio), hai accettato le mie scuse e hai notato che il titolo del mio intervento è l’incipit dell’altra newsletter (Le Pennellate).
Una volta un accento
per distrazione cascò
sulla città di Como
mutandola in comò.Figuratevi i cittadini
comaschi, poveretti:
detto e fatto si trovarono
rinchiusi nei cassetti.Per fortuna uno scolaro
rilesse il componimento
e liberò i prigionieri
cancellando l’accento.Ora ai giardini pubblici
han dedicato un busto
“A colui che sa mettere
gli accenti al posto giusto”.Como nel Comò. Gianni Rodari
Oggi la newsletter la chiudo qui. Ho segnato un paio di cose che voglio condividere con voi e lo farò, perché ci tengo, nei prossimi appuntamenti. Mi riferisco, in particolar modo, alla denuncia di sessismo nel settore della comunicazione e al percorso Form-Azione che vi ho spoilerato la scorsa settimana.
Mi hanno smontato la cucina, domani iniziano i lavori a casa e lunedì parto. Ho letto anche di una “pizza di fine anno” nella chat di scuola. Abbiate pietà di me.
Alla prossima!
p.s. Esperimento sociale: lunedì mattina, mentre andavo a fare lezione in metro, un bambino ha raccontato una freddura alla madre. Vi confesso che io ho un debole per le freddure, non per le barzellette, proprio per le freddure. Mi fanno impazzire. La sua era esilarante. Ho riso per tutto il tragitto e poi l’ho mandata su whatsapp a mio marito e ad un paio di amiche. Il risultato è stato che TUTTE le risposte avevano un comune denominatore: che strano farsi una risata di lunedì mattina. Strano, ma bello.
Scrivetemi e lunedì mattina vi mando la freddura. ( 349 5872812)