Sapore di sale? Meglio di no.
Durante il periodo universitario, negli ultimi due anni di specialistica, ho condiviso l’appartamento con una coinquilina napoletana. Ovviamente era - e sono certa che lo sia ancora oggi - molto superstiziosa.
Io, che invece di scansare i gatti neri per strada, li raccattavo e li portavo a casa - dei miei - ho avuto molto da imparare.
Sapevo qualcosa riguardo le probabili sciagure imputabili a specchi rotti, cappelli poggiati sul letto e ombrelli aperti in casa, ma sulla macabra questione del sale ero completamente impreparata.
Ho imparato che il sale non si passa mai di mano in mano a tavola.
Nessuna eccezione.
Se qualcuno ne fa richiesta, è bene limitarsi ad avvicinarlo, con disinvoltura ma estrema cautela, lasciando che sia quella persona a sollevarlo, a proprio rischio e pericolo. Inutile dirvi che se malauguratamente dovesse caderne qualche granello, nessuno sfuggirebbe alle terribili conseguenze. Rituale di salvezza, lancio alle spalle, preghiera in aramaico antico e Haka Haka.
Ecco, è con la stessa superstizione con cui, a distanza di 13 anni, continuo a non passare il sale a tavola, oggi non posso ancora raccontarvi la mia buona seconda volta di cui vi accennavo prima delle ferie.
Come l’apostolo incredulo, se non firmo non credo.
Sapore di mare? Anche meno.
Se i napoletani sono noti per la loro superstizione, i pugliesi lo sono per la loro fissa con il mare.
Nessun mare è mai come il nostro.
Quello di Otranto, Porto Cesareo, Torre Guaceto o Vieste, per citarne alcuni.
Anche chi, come me, non vive più in Puglia da 20 anni, è irremovibile sulla storia del mare e le vacanze sono degne di essere chiamate tali solo sono al mare. In Salento sarebbe meglio ma, se proprio si vuole fare un viaggetto, le uniche acque accettabili sono quelle di Grecia e Sardegna.
Quest’anno al mare ci sono andata in Puglia - ma “il viaggio” l’ho fatto al fresco, anzi, al freddo. Ed è stato rigenerante.
Sono stata in Islanda e mi sono riempita di meraviglia. Quella meraviglia che solo un luogo estremamente diverso da quello a cui sei abituat* riesce a darti.
Un luogo sorprendente, camaleontico, affascinante, ma anche silenzioso, diffidente, a tratti rasposo.
Tanta, tantissima natura.
Poca, pochissima empatia.
Complice la bassissima densità di popolazione (sono meno di 370 mila abitanti), è davvero difficile scambiare due chiacchiere con i locali.
Sono gentili, per carità, ma sono “beige”, come dico io.
Impeccabili, ma beige, un pò come in tutti i Paesi nordici.
Beige i vestiti, beige le case, i saluti, i sorrisi.
Sono beige anche i bambini che - non mi spiego come - giocano senza scomporsi, camminano senza rincorrersi e mangiano senza sporcarsi. Spero non crescano senza emozionarsi.
Noi, vestiti come evidenziatori, abbiamo fatto rumore e spalancato bocche per lo stupore, siamo andati in giro con magliette sporche e abbiamo farcito panini seduti sul cratere di un vulcano inattivo.
Di beige avevamo solo la terra sotto le suole delle scarpe.
Ora che ci penso, non ero neanche certa si scrivesse cosi beige.
Sapore di te? Di me.
Sono tornata, questa volta con calma.
Ho trovato un pò di shit da gestire - quella non manca mai - ma niente di irreparabile. Poi ho scritto a tutti i clienti, ma ad ognuno una mail diversa. Con alcuni sono stata informale, con altri meno, ma con nessuno ho fatto copia e incolla.
Una di queste iniziava così:
Proseguiva, poi, con un aggiornamento sulle attività, le nuove proposte e altra “ciccia”.
La cosa bella è che mi hanno risposto - quasi - tutti: alcuni con poche parole, altri con diverse righe di racconto, di condivisione, ma nessuno soltanto con “Bene, grazie. Tu?”.
Finalmente.
Comunicare in modo autentico, senza timore del giudizio e, al tempo stesso, in modo da sottolineare chi sei e come lavori, è ciò che avvicina le persone giuste.
Sono tornata, dicevo, con calma e senza traumi, ma carica a pallettoni. Altro che beige.
Avevo voglia di tornare a lavorare.
Ho anche voglia - tanta voglia - che ricominci la scuola, ma quella è un’altra storia.
Alla prossima, sicuramente dopo l’inizio della scuola.